Tempo senza scelte by Paolo Di Paolo

Tempo senza scelte by Paolo Di Paolo

autore:Paolo Di Paolo [Di Paolo, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Occhi aperti.

«Degnare d’uno sguardo» è dunque la prima e piú necessaria delle scelte? «Basta solo guardarsi intorno per vedere che ci troviamo nel mezzo di un vero campo di rovine», scrive Hannah Arendt nel saggio in cui, muovendo da Lessing, riflette sull’umanità «in tempi bui». Sembra però non bastarle una istintiva ripugnanza nel veder soffrire i propri simili – la compassione, la pietà.

Mi sono chiesto spesso se la pietà sia piú facile da vicino o da lontano. A volte penso che sia naturale, piú istintiva nell’astrazione del pensiero, ma l’idea di fare il bene – di saperlo fare – è spesso un’autoconsolazione narcisistica. E se fosse solo l’estrema vicinanza a chiamare la misericordia, ad alimentare la pietà? Anche l’uomo piú freddo, cinico, distante, carico di pregiudizi, di fronte a una difficoltà tangibile, non dà forse il meglio di sé? L’uomo che dice, mettiamo: «I clandestini che vogliamo regolarizzare ammazzano a picconate, vanno rimandati a casa», saprebbe ripeterlo da una spiaggia di Lampedusa?

Mi tornano spesso alla mente fotogrammi dell’estate 2013. Una spiaggia siciliana, Pachino. Uno sbarco. E un imprevisto slancio, l’istinto che porta ad annodare rapidamente – fra sconosciuti – una rete di solidarietà verso altri e piú sfortunati sconosciuti: i disperati, uomini e donne costretti a scegliere di fuggire. Quando si discute di immigrazione e integrazione, il pericolo della retorica è ai livelli di guardia: in un processo comunque inarrestabile, non c’è nulla di semplice, di indolore; e fermarsi a un concetto generico e imprecisato di accoglienza è comodo quanto l’idea astratta del bene. Ma nell’episodio della spiaggia di Pachino, in altri simili, su isole soprattutto italiane e greche, c’era qualcosa di piú. Decine di persone in costume – donne e uomini anche molto giovani – lasciavano l’ombrellone e andavano incontro a decine di estranei: i loro Prossimi, quanto mai prossimi. Non c’entra la retorica, per una volta: c’entra l’umanità. Non c’entrano, per una volta, nemmeno le domande, ma le risposte. Comprese quelle piú immediate.

Come è noto, uno dei primi viaggi di papa Francesco è stato proprio a Lampedusa. Lí il papa ha fatto suo l’interrogativo che Dio rivolge a Caino: «Dov’è tuo fratello?» «Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle?», ha aggiunto, segnando quasi a dito la difficoltà di sentirsi responsabili della sofferenza altrui, di sentirsi davvero chiamati in causa. Un signore sulla spiaggia di Pachino, intervistato da un telegiornale, aveva detto: «Uno di questi sbarchi, visti dal vivo, è un’altra cosa, ti tocca il cuore». Quanta distanza bisogna ridurre perché la sofferenza altrui ci tocchi il cuore? A quanti metri inizia una possibilità di condivisione, di pietà umana? Come si fa a sentire vicino il nostro Prossimo piú remoto? Come facciamo ad allenare il nostro sguardo alla misericordia, anche quando le mani non possono toccare, stringere, portare in salvo, dare calore?

La vita activa, per tornare alle pagine di Arendt, ha confini molto stretti. La concreta possibilità di agire – fuori da un’illusione eroica, titanica – è limitata. È nella verifica e nella accettazione di questo limite che Arendt trova l’alimento per ulteriori risorse morali.



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